Recensioni e servizi culturali
Matrioka di Cristina Comencini, Feltrinelli
DESTINI INCROCIATI TRAUNA SCULTRICE DI TALENTO
E LA SUA BIOGRAFA
È un transfert che intriga, quello che si instaura tra Antonia, una scultrice
monumentale, vestita del suo caftano fiammante, e Cristina la sua giovane e
sensibile biografa. Un transfert che prende nel profondo anche il lettore che
abbia saputo apprezzare l'originale scrittura di Cristina Comencini, autrice
di "Matrioka" (Feltrinelli).
La dimestichezza, oltre che con la penna, anche con la regia, di questa interessante
scrittrice (nota per i romanzi "Le pagine strappate", "Passione
di famiglia" e per le sceneggiature e regie de "I divertimenti della
vita privata" e "Il più bel giorno della mia vita"), regala
un taglio "visivo", una "allure" teatrale alla sua opera,
veramente moderna e di appassionante lettura.
Se, all'inizio, l'ipertrofica Antonia, protagonista del romanzo, può
apparire fastidiosa con tutta la sua spocchia, ridondante nella figura e nell'eccesso
di maquillage clownesco e di ostentata sicurezza di sé, man mano che
si procede nella lettura, l'iperbolica artista si umanizza e la sua interlocutrice,
la giovane biografa, profondamente ulcerata dall'abbandono della madre, prende
connotati sempre più toccanti e reali.
La scultrice ha un passato di donna libera, controcorrente, un matrimonio annullato
alle spalle, rottura con la sua famiglia d'origine, amori arroganti con uomini
più giovani e artisticamente falliti; seppur pienamente realizzata in
quanto ai suoi successi artistici, ha un grande rimpianto di non aver avuto
figli. Per contrasto, Cristina vive un matrimonio con qualche difficoltà,
qualche incomprensione di base, ma sentendosi madre con estrema pienezza, soffre
di frustrazioni artistiche, ritenendosi capace di scrivere solo quale biografa,
non dotata di un vis letteraria veramente creativa ed autonoma.
Lo scontro-incontro avviene quindi tra l'artista realizzata, maternamente frustrata
e la madre soddisfatta del suo ruolo, ma incompleta sotto l'aspetto artistico,
complessata riguardo le sue reali capacità di vera scrittrice.
Con abili flash-back, la Comencini tratteggia passato e presente delle due donne,
non tardando a farci intuire il sottile filo di seta che le lega, pur tenendo
viva la magia del mistero, fino alle ultime righe della narrazione.
Mistero che noi pure rispetteremo, per non offendere la qualità del romanzo,
spegnendo il fuoco della sua attrattiva giallo-psicologica che vi balugina dentro,
come una fiammella veramente accattivante, per l'interesse del lettore.
Piene di pathos le pagine descrittive dello studio della scultrice, quelle in
cui sembra ancora aleggiare lo spirito di Giorgio, l'infelice "diverso",
uno dei suoi giovani amanti - il prediletto -, da lei trovato improvvisamente
morto¸ di cui non ha esitato a riprendere il calco della mano, a cadavere
caldo, pur annientata dal dolore: stranezze d'artista, entro cui l'autrice sa
farci entrare, percorsi da un brivido macabro, che un poco ci inquieta.
"Scosto piano il telo di uno dei tavoli - narra Cristina, incuriosita dall'essere
entrata dentro il luogo sacro della creatività di Antonia -, vecchi strumenti
da lavoro ricoperti di polvere sono allineati in ordine. Uno scalpello ha la
punta sbeccata¸un trapano sembra immobile da cento anni
". Continuando
nella sua perlustrazione, la giovane nota la tendenza da anatomopatologa dell'artista
a produrre brandelli di corpo separati: teste, braccia, mani, piedi; frammenti
di corpo scolpiti a testimoniare le sue storie d'amore, prima fra tutte quella
con il giovane gay, di cui abbiamo già fatto cenno.
Chiara va chiudendo le confidenze della scultrice dentro un file chiamato "Matrioka",
perché le sembra "che Antonia rassomigli a una bambola russa che
ne contiene altre più piccole, tutte con i pomelli rossi e gli occhi
bistrati".
Ma, in realtà, dentro questa matrioka vivono, metaforicamente congiunti,
i destini delle due donne: i voli artistico-erotici dell' anziana e la quotidianità
della giovane, in un continuo rimando tra le esigenze di un talento predominante,
in nome della passione assoluta per l'arte e le rinunce legate alla maternità,
spinte all'eccesso di credere che solo i figli possano essere la vera creazione,
la creazione perfetta; rinunce alla fine smentite dalla vena di scrittura ritrovata.
Grazia Giordani