Recensioni e servizi culturali
Meridiano di sangue di Cormac Mc Carthy, Einaudi
SENZA PIETA' SENZA PERDONO SENZA SPERANZA
Efferato romanzo di un autore di culto negli Stati Uniti
Dicono che Cormac Mc Carthy sia un "orso", uno scrittore misantropo
che se ne sta rintanato nella sua El Paso, una cittadina texana di frontiera
con il Messico, dove non pullulano certamente i meeting o meno ancora i salotti
letterari. Visto che non concede interviste, ama solo la compagnia di se stesso,
detesta qualsiasi forma di pubblicità, le copie firmate dei suoi libri
sono diventate oggetto di culto negli States e un commerciante del Nord Carolina
è riuscito a vendere poche sue lettere per 12 mila dollari. Sembra che
gli americani conservino le pochissime copie autografe dei suoi libri sotto
cellophane, ma preferiscano non leggerli. In effetti, se qualcuno è impressionabile,
potrebbe restare veramente sconvolto dalla crudezza di linguaggi e di situazioni
che riesce a comunicarci, questo grande solitario, già autore di Cavalli
selvaggi e Oltre il confine.
Uscito per i tipi di Einaudi, Meridiano di sangue, ncora una volta ci
offre il quadro di un mondo di frontiera che sarebbe caro però a dei
John Ford e Waine terribilmente incattiviti, non certo quelli dei western tradizionali,
a cui ci ha abituato la cinematografia americana.
La prosa di Mc Carthy è volutamente arida e sassosa, screpolata come
le terre di Tucson o di El Paso in cui scalpitano cavalli malnutriti come i
loro padroni, una terra dell'ovest onomatopeica del linguaggio pietroso dell'autore.
I suoi personaggi irrequieti, anzi spesso cinici e disperati, vagano e si spostano
senza meta, eppure immobili dentro, o meglio ineffabili, quasi privi di esprimere
una difficile interiorità. Che rassomiglino nell'intimo, almeno un poco,
al loro enigmatico autore ?
Siamo di fronte alla storia vera ed efferata, basata su documenti del 1840,
di un gruppo di cacciatori di scalpi : nessuna pietà, nessun perdono,
nessuna speranza.
Qui la gente sgozza le bestie da soma per ricavarne strisce di carne da essiccare,
che mangia cruda, riposando (si fa per dire !), in mezzo alle carcasse di animali
straziati.
Solo per darvi un idea della crudezza delle situazioni, vi portiamo a pagina
61, dove si legge, a proposito del giovane protagonista del romanzo e di un
suo compagno di "cavalcata" : "Si fermarono fianco a fianco,
barcollando nella calura. A ciascuna di quelle piccole vittime, sette anzi otto,
era stato fatto un buco nella mandibola ed erano stati appesi per la gola ai
rami spezzati di un mesquite. Fissavano senza occhi il cielo nudo. Calvi e pallidi
e gonfi, come larve di un essere inimaginabile...".
Questo è solo un "aperitivo" rispetto a quello che potrebbe
aspettarvi, addentrandovi nella lettura e affrontando le pagine in cui si descrive
come i cercatori si procuravano gli scalpi : qui il protagonista è il
festino di morte, il sangue che lorda lapagina e fa agghiacciare il sangue del
lettore.
I capitoli sono suddivisi in sottotitoli che già ci preparano agli spietati
eventi : al capitolo quinto ci attendono Scene da un massacro, (pag,
64) da non consigliare a chi non è forte di stomaco ; al capitolo sesto
troviamo la preannunciata e non riportata descrizione sottotitolata I cacciatori
di scalpi, solo per toccare qua e là cautamente argomenti non proprio
edificanti.
Il romanzo si basa su fatti realmente accaduti e su personaggi veramente vissuti
che l'autore trasfigura in una ricostruzione letteraria dominata dal caso, come
se la vita fosse una lunga, terribile, impietosa cavalcata, quasi senza senso,
in cui i personaggi, uomini e animali si animassero in un mondo nero ed inesorabile
dove la vita è soltanto sofferenza, o meglio la vita è morte e
soltanto quello.
Grazia Giordani