Recensioni e servizi culturali
Nero come un tango di Régine Deforges, Salani
DANZA MACABRA
D'accordo che non sempre i lettori prediligono libri tanto densi di pensiero
da provocare loro un'ernia cerebrale, ma ci sembra che l'ultima fatica letteraria
di Régine Deforges pecchi di una "disinvoltura" - chiamiamola
così - veramente stupefacente. La cornice storica è, ancora una
volta, molto di moda in questi tempi, ovvero quella delle malefatte naziste
del Terzo Reich - fin qui nulla da eccepire -, ma lo strano mélange che
crea l'autrice (nota ai lettori per La bicicletta blu, che negli anno
Ottanta riscosse grande successo) tra vero e verosimile, attribuendo dialoghi
immaginari, non fatto grave ad Evita Peron e al Che Guevara, più
grave, quasi gravissimo al grande poeta Luis Borges, ci sembra quanto meno esagerato.
Il romanzo si apre con il processo di Norimberga nella Germania ulcerata dalla
sconfitta; i nomi dei criminali nazisti sono tutti storicamente corretti. Léa
Delmas, affascinante e sensuale crocerossina (certamente il personaggio più
completo e ben riuscito del romanzo), civilmente impegnata nel profondo, rimane
terribilmente colpita dai racconti dell'amica Sarah Mulstein, barbaramente seviziata
nel campo di concentramento di Ravensbrük ("Non solo hanno ucciso
mio padre, mio figlio, mi hanno mutilata facendo esperimenti su di me: mi hanno
resa complice delle loro ignominie"- scriverà a Léa, in una
lettera in chiusura del romanzo). Sarah, con tutto il suo paranoico - anche
se comprensibile desiderio di vendetta - non è un personaggio simpatico,
anzi è un personaggio noir, nero almeno quanto il lascivo e macabro tango
finale. Per colpa sua, anche se indiretta, vi saranno molti lutti (non possiamo
passare sotto silenzio l'episodio raccapricciante di Sarah che ride istericamente
"cavalcando" una preda da lei mutilata) e, inoltre, l'amica Léa
dovrà subire la paradossale situazione di vedere il suo François
Tavernier - di cui è innamoratissima -, unirsi in un matrimonio bianco
con l'ostinata ebrea, sempre per portare a termine i programmi di vendetta,
spingendosi in Argentina, negli ambienti chic del peronismo che facilitano l'inserimento
degli odiatissimi ex nazisti nella società. Fortunatamente la focosa
Léa non è un fiore di virtù e non disdegna qua e là
di riscaldare qualche letto, tanto per gradire, senza disdegnare nemmeno le
forti braccia del giovane Guevara: in qualche modo così pareggia un poco
i conti.
Amplessi, morte, intrigo politico, vendetta, passione, sono gli ingredienti
di un romanzo molto movimentato, geograficamente eclettico (Montillac - che
è anche la città natale dell'autrice -, Bordeaux, Parigi, Buenos
Aires), letterariamente fragile, o meglio indicato per chi ama le telenovelas
e i feuilleton, ma in questo non vi è nulla di male: non sempre
si ha voglia di Dostoevskji, di Proust o di Màrai...
La pagina del tango trasgressivo, danzato dalle due amiche è la più
suggestiva del romanzo, anche perché inattesa e così controcorrente.
Il suicidio di Sarah - ormai acquietata nel suo satanico desiderio di vendetta
- ci fa tirare un respiro di sollievo: la bella Léa potrà unirsi
al suo François: E vissero tutti felici e contenti.
Grazia Giordani