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Passato imperfetto di Marianna Fredriksonn, Longanesi

DUE DONNE SI CONFESSANO TRA RAGIONE E SENTIMENTO
Ancora una volta Marianna Fredriksonn, di cui già abbiamo conosciuto "Le figlie di Hanna" e "Simon" - con il suo nuovo romanzo "Passato imperfetto" che Longanesi ha portato in Italia nella traduzione di Laura Cangemi - ci dimostra di saper nuotare a bracciate larghe e sicure nel mare del pianeta donna.
Questa sua propensione letteraria, di scrittrice che sa scandagliare la profondità dell'universo femminile, ci sembra però essere un'arma a doppio taglio che - se da un lato rende la Fredriksonn molto amata dalle donne, d'altro canto tende a ghettizzarla - non avendo il suo colpo d'ala la capacità di farla volare alto e volare oltre, com'è accaduto in passato alle sorelle Brontë, o a Virginia Woolf, o a Katherine Mansfield, o alla Yourcenar, solo per portare sintetici esempi.
Con questa sua ultima prova, l'autrice svedese settantatreenne, già giornalista di numerose testate nazionali, ha riscosso grande favore da parte di quel pubblico di lettori che ama trame vive e fitte di avvenimenti.
Il cuore della storia in "Passato imperfetto", pulsa intorno a due donne singolari, perennemente in bilico tra ragione e sentimento, due donne che diventano amiche, anche se separate da un vissuto profondamente dissimile. Ingrid è figlia del crepuscolo svedese, delle cupe ombre della sua terra del nord; Mira è figlia dell'ardente sole cileno. Atea la prima, quanto vicina al Creatore è la seconda che lo ha eletto a suo interlocutore privilegiato.
Accomuna le due protagoniste la situazione di matrimoni falliti alle spalle - sono divorziate - e hanno faticosamente cresciuto contando solo sulle proprie forze, i propri figli, trafitte dai costanti pensieri di madri sofferte.
Sono pressoché coeve, sulla cinquantina e cominciano a comprendere di essere entrate nell'età dell'indulgenza verso se stesse, nell'età dell'introspezione e degli intimi bilanci.
Inge è una donna diretta, che non sa fingere, tanto che può apparire talvolta inopportuna per la sua tendenza ad interrogare, a scavare, ad indagare, spingendo la sua interlocutrice (Mira) a far risalire a galla verità rimosse o volutamente ignorate. Mira è avulsa da smanie introspettive, è una donna solare e spontanea che conosce istintivamente i valori di fondo della vita e il mistero della morte, aliena da intellettualistiche elucubrazioni.
Galeotta, nel loro primo incontro, è una distesa di viole del pensiero, un trionfo di profumati colori, vegetale tappeto su cui - nel tempo - troveranno spazio estorte confessioni, amare solitudini che gradatamente non saranno più tali, riscaldate dall'amicizia.
Un passato terribile uscirà allo scoperto: la verità tragica sul destino di Otilia, la figlia tredicenne di Mira, sequestrata dai miliziani, stuprata, resa madre e fatta sparire; un segreto incestuoso riguardante il marito di Inge e le sue due figlie.
Il "passato imperfetto" è un fiume inesorabile, che esce dal sottosuolo delle loro vite trascorse per farsi flutto prorompente e ritrovato dalle due amiche che sempre più si aggrappano coraggiosamente agli ultimi brandelli di speranza.

Grazia Giordani

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