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Privicy di Furio Colombo, Rizzoli

UN THRILLER CHE RACCONTA IL NOSTRO FUTURO CHE È GIÀ FORSE IL NOSTRO PRESENTE
Premonizione (speriamo non si avveri!) e riflessione filosofica, suffragate da acuta ironia, sembrano essere le colonne portanti di "Privacy" (Rizzoli) - l'ultima fatica letteraria di Furio Colombo, scrittore attento ai fenomeni sociali e ai cambiamenti della vita americana rapportata a quella europea ("Il Dio d'America" 1982; "Cosa farò da grande" 1987; "Gli altri che farne?"1984; "Ultime notizie sul giornalismo" 1995; "IL candidato 1997"; e "La vita imperfetta" 1999).
Un thriller singolare, costruito su sapienti voli pindarici che ci spinge a creare inquietanti suture, quasi che lo scrittore volesse metterci alla prova a nostra volta, sempre sul filo di un'angoscia sottile che non ci abbandona mai dalla prima pagina all'ultima.
Colombo ci accompagna nel bel mezzo di una ipotetica quanto futuribile Scuola Superiore di Ricerca Conoscitiva, un singolare istituto che si prefigge di giungere alla totale conoscenza della mente umana, al fine di farci scoprire cosa avviene nella nostra mente prima che si formi il pensiero, prima che le nostre fantasie più nascoste divengano azioni reali. ("Qui voi risalite al pensiero, agli impulsi interiori, alle intenzioni, qui voi risalite al non detto, al non fatto, al non ancora intercettato dalla
stessa persona che pensa, segretamente sondata").
Questa intrusione - ai danni di quella che correntemente è definita "privacy" - è paradossalmente giustificata (visto che anche il paradosso ha largo spazio in questo romanzo) in nome di una Morale e Giustizia superiori, che travalichino l'individuo per il bene della comunità.
La "polizia della mente" è giusto che intervenga a scandagliare e monitorare la tempesta di emozioni e desideri che si scatena dentro il nostro cervello, quando questi ultimi potrebbero diventare pericolosi e apportatori di danno. E così è giusto bloccare il futuro pedofilo, l'omicida, lo stupratore, chi pensa, addirittura in fase di fantasia, anche solo ipotetica, o sogna di delinquere.
Il giovane e promettente ricercatore di questa materia conoscitiva - Marco Mani - assunto dalla Scuola per la sua brillante preparazione e grandemente lusingato dai baroni e ricercatori della stessa, quale "presidente in pectore" della medesima, sarà il capro espiatorio dello stesso esperimento a cui partecipa. Sollecitato a fingere - in via del tutto teorica e sperimentale - in una pseudoesercitazione, di provare i sentimenti e le pulsioni dell'assassino, nel famoso omicidio della "Sapienza", a Roma, verrà incastrato con l'accusa di reale proposito omicida.
L'ingenuo ricercatore sarà danneggiato dalla sua inesperienza aggravata dai torbidi giochi di potere di vecchie volpi: cattedratici, futuri premi Nobel, sacerdoti cattolici e di lontane religioni (iman), nonché di ambiziose colleghe pronte a tutto, senza esclusione di colpi.
Romanzo e realtà - con la menzione di un fatto di sangue realmente accaduto e che ancora va occupando le cronache giudiziarie in attesa di sentenza - si abbracciano fortemente, sottolineando ipocrisie ed ambiguità, con penna agile e densa di cultura.
Indirettamente l'autore stigmatizza la crudeltà del Potere sempre pronto a stritolare gli ingenui ed è proprio questo descriverci la "Terza fase" (come l' ha definita nel suo omonimo saggio Raffaele Simone; ovvero quella dell'esplosione del "software") che gli porge l'estro per condannare implicitamente le trame spregiudicate di chi mira
al successo, senza limiti, senza freni.
Parodiando l'"istituzionalese", ovvero il linguaggio vacuo delle istituzioni, con penna ironicamente calzante, Colombo ci fa entrare in un mondo irto di pericoli in cui ci sentiamo continuamente indagati da un occhio implacabile, da una tecnologia subdola, e nascosta dentro attrezzati computer, che potrebbe derubarci di pulsioni intime e personali fantasie, esponendoci alla gogna, portando allo scoperto quanto ritenevamo essere più nostro ed inviolabile.
Denso di raffronti tra usi e costumi di varie civiltà (adultera orientale lapidata; ricercatrice occidentale esposta al giudizio dei colleghi per lascivi pensieri), il romanzo fa riflettere il lettore, anche per la sapienza filosofica dimostrata dall'autore che gli fa riprendere in mano molti filosofi e scrittori, tra cui Seneca, Agostino, Nietzsche e il già citato Simone, con gesto spontaneo, senza fatica.
Unica nota negativa di questo intelligente romanzo, l'inquietudine che ci lascia addosso, tanto che sogguardiamo anche il nostro computer di casa intimoriti da quanto il software abbia potuto carpirci e fino a quale limite sappia ormai di noi e del nostro intimo pensiero.

Grazia Giordani

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