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Te li do io i tropici di Paco Ignacio Taibo II, Tropea

LO ZIBALDONE DI UN MESSICANO CHE SCRIVE AL RITMO DI DANZA LATINO-AMERICANA
Ha il sapore succoso di un frutto tropicale e il ritmo frenetico di una danza latino-americana - "Te li do io i Tropici" -, l'ultimo libro di Paco Ignacio Taibo II, che l'editore Marco Tropea ha portato per noi in Italia, nella traduzione di Simona Geroldi e Silvia Sichel. Di questo prolifico autore cinquantenne, spagnolo di nascita e messicano d'adozione, già lo stesso editore ha pubblicato "Rivoluzionario di passaggio", "Sentendo che il campo di battaglia", "Ma tu lo sai che è impossibile", "Ombre nell'ombra", oltre ai romanzi che compongono la serie del detective Héctor Belascoaràn ("Giorni di battaglia", "Qualche nuvola", "Il fantasma di Zapata");. del Saggiatore è uscita la fortunatissima biografia di Ernesto Che Guevara.
"Questo libro - scrive Taibo II in una nota introduttiva -, comprende romanzi brevi, racconti, lettere, descrizioni, poesie, note biografiche, inchieste giornalistiche, interviste e altri scritti non meglio classificabili. Sarà compito del lettore distinguere caso per caso, ammesso che questo possa risultare di qualche interesse. Starà a lui separare l'invenzione dalla realtà, se ci riesce.
"L'insieme forma lo scenario che ha fatto da sfondo alla mia vita in questo scorcio di millennio, una sorta di cronaca romanzata e giornalistica degli anni Novanta. Ho davanti al tutto un ordine apparentemente fortuito per invogliare a una lettura saltellante da ballerino di "danzòn"".
Il proposito dell'autore si avvera in pieno: il lettore entra nella danza ondeggiante di questo folto zibaldone, pronto a volteggiare dentro le pagine disomogenee e di diverso argomento, incuriosito dalla vocazione difforme di uno scrittore che sa essere romanziere, saggista, storico, critico letterario, in una fantasmagoria scintillante dentro cui trova spazio anche la vocazione ad essere attivista politico, appassionato ed instancabile promotore della letteratura latino-americana.
Dentro questo pluricomposto florilegio troviamo tutto l'universo di Taibo II, l'archivio del cuore e dei pensieri di un uomo versatile, di un uomo-trottola che aborre l'ozio più del suo peggiore nemico, insomma facente parte di quegli esseri che si riposano lavorando, veri nevrotici del superattivismo. Sembra che questo scrittore messicano abbia paura, fermandosi, di perdere l'aire, di smarrire la spinta. E così veniamo a conoscere i titoli dei libri gialli che potrebbero fargli compagnia in una ipotetica carcerazione, e come ha diviso la passione per la scrittura, influenzato dal padre Paco Ignacio Taibo Intenso e commovente il suo legame e la sua complicità artistica ed umana con un padre compartecipe di appartenere alla schiera di "arcangeli dediti a spezzare la solitudine e a combattere, armati di stuzzicadenti, la crociata contro i sistematici abusi di potere".
Interessanti le sue opinioni sul "giornalismo letterario": "Con il giornalismo ho imparato a scrivere, nell'esperienza giornalistica sono presenti molti dei temi che poi ricompaiono nelle mie opere letterarie. Uso costantemente tecniche giornalistiche per immaginare e quindi ricreare atmosfere, Continuo a far cronaca, avvalendomi di elementi letterari per raccontare storie che non si muovono nello spazio dell'invenzione letteraria".
L'autore non ci lesina nemmeno un elenco degli scrittori su cui si è formato, quelli appartenenti a "una generazione di scrittori-giornalisti che va dagli anni Dieci ai Trenta (Larissa Reisner, John Reed, Sender, Hemingway), alla ricomparsa del genere negli anni Sessanta (Mailer, Wolfe, Kapuscinsky, Leguineche, Cooper, Mc Guinis, Wallraff, Walsh, Thorndike). Meraviglie della letteratura non di invenzione. Romanzi basati sui fatti".
Particolarmente degno di rilievo il capitolo sul cambiamento dei testi di storia per le scuole, con cancellazione di nomi che avevano fatto volare l'immaginario degli allievi: figure come il Pipla, Leandro Valle, Gonzalo Carrero, la cavalla di Pancho Villa. Con la soppressione di questi personaggi, la storia perderà il suo significato di "prolungamento del presente verso il passato", non sarà più il giardino delle nostre radici, impoverita di ogni suo significato profondo.
Di questo passo, potrebbe scomparire in Messico anche il ricordo di Emiliano Zapata, attorno al quale "l'aneddotica è scarsa. A differenza degli altri numerosi personaggi chiave intorno ai quali sono proliferate le leggende popolari della storia del Messico, il mito di Zapata ha sviluppato le sue radici nel silenzio". Zapata, l'eroe a tal punto amato dal suo popolo, che la gente non voleva credere alla sua morte: "Nemmeno davanti al cadavere riuscivano a convincersi. Per cinquant'anni si sparsero voci che inquietarono i latifondisti del Sud. Zapata era ancora vivo. Perché nel paese delle menzogne vige la legge dei "si mormora", le voci sono la fonte di ogni più recondita speranza, la conferma che non è ancora tutto perduto…".
Saltabeccando tra i capitoli, contagiati dalla volubilità dell'autore, ci si imbatte anche in enigmatici nani, in personaggi che - come abbiamo visto - spariscono dalle pagine scolastiche, in liste di letture consigliate, in personaggi che l'autore si porta dentro, compagni irrinunciabili del suo cammino vitale, ma soprattutto incontriamo le inquietudini, i ripensamenti, le incertezze esistenziali, le speranze di un messicano vulcanico che non demorde mai.

Grazia Giordani

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