Recensioni e servizi culturali
Trilogia di New York di Paul Auster,
Einaudi
Ci sono autori dotati di una vis innovativa talmente
forte da creare una svolta sorprendente nel mondo delle lettere. Con Trilogia
di New York - recentemente uscito per i tipi di Einaudi - Paul Auster ci
mostra in maniera incisiva e lampante la sua statura di scrittore in grado di
incidere fortemente sulla storia della letteratura, per l'originalità
con cui sa costruire le sue trame, giocandole in una continua creazione di doppi,
in un ammiccamento che intriga e meraviglia il lettore. Pubblicati per la prima
volta in America tra il 1985 e l'87, i tre romanzi della Trilogia sono
divenuti in breve tempo testi di riferimento della nuova letteratura americana,
raggiungendo una mirabile sintesi di grande ricchezza di temi e suggestioni,
con sovvertimento dei canoni classici. Ed è qui che troviamo la vera
novità.
Nato nel '47 nel New Jersey, dopo gli studi alla Columbia University, Auster
è vissuto a lungo in Francia ; autore di conclamati best-sellers quali
Leviatano e Mr Vertigo, reduce dal suo impegno di giurato al festival
del cinema a Venezia, proprio in occasione dell'uscita da Einaudi di Trilogia,
nella nuova traduzione di Massimo Bocchiola, ha sottolineato come i suoi romanzi
prendano forma sempre "attorno a una presa di coscienza attraverso l'altro
e come storie e sentimenti che costruiscono un rapporto a due, servano a rievocarle
per dare ordine all'esistenza ; attraverso i ricordi e il racconto del passato
- dice ancora l'autore - definiamo chi siamo e cosa saremo. Scrivo inseguendo
un'idea iniziale che mi ha preso, che è maturata dentro di me e scrivo
proprio perché non la capisco, senza sapere cosa ne nascerà..."
.
In Trilogia di New York, tutto comincia con uno squillo di telefono a
notte inoltrata, che spezza la solitudine di Daniel Quinn, autore di romanzi
polizieschi. Hanno sbagliato numero : qualcuno cercava Paul Auster (si noti
l'ironia per cui l'autore usa il suo vero nome), detective privato per affidargli
un'inchiesta. Alla terza chiamata, Quinn accetta l'incarico fingendosi uno sconosciuto
di cui prende nome ed identità. Nella cornice di una New York sui
generis, che è un "non luogo", come dirà lp stesso
Quinn, fin dalle prime pagine entriamo nel cerebrale contorsionismo onomastico
di Auster che seziona il suo protagonista, o clona e moltiplica in altre figure,
in un continuo gioco di copie, in assenza degli originali, per cui lo stesso
Quinn si sdoppierà nel suo poliziotto Work - narratore nei suoi romanzi
- e in Wilson con cui si firma. "Con gli anni Work era diventato assai
intimo di Quinn. Mentre Wilson era rimasto una figura astratta, Work aveva preso
lentamente vita. Nella triade di io che Quinn era diventato, Wilson fungeva
da ventriloquo, Quinn stesso era il pupazzo e Work la voce animata che garantiva
uno scopo all'impresa" (pag.8).
Nel corso della lettura ci si accorge che in questa città di casi illusori,
le possibilità si raddoppiano all'infinito e spia e pedinato si unificano,
quasi uscissero da un'ipotetica matrioska che li contiene ed espelle ad un tempo.
In Fantasmi - secondo breve romanzo della trilogia - leggiamo come "spiando
Black nella casa dirimpetto è come se Blue guardasse in uno specchio
e capisse che invece di osservare soltanto un'altra persona, sta osservando
anche se stesso" (pag.149).
Anche la seconda storia si dipana nello sfondo di una città dalle mille
sfaccettature ed epifanie, in cui Auster si diverte a giocare con le parole,
per cui il Private Eye - l'occhio privato, sinonimo di detective nei
polizieschi americani, - diventa il Private I, ovvero l'io più intimo,
nascosto sotto i travestimenti sociali e culturali.
I tre romanzi hanno dunque temi conduttori comuni, ossessivi come una musica
dell'inconscio che martella dentro le pagine e nel cuore dei lettori, creando
un rimando continuo e voluto di analogie : siamo di fronte a tre detective-stories
che si possono unificare in una, come afferma Auster stesso, nelle pagine conclusive
de La stanza chiusa - ultimo romanzo della trilogia, quando scrive :
"tutta la storia si restringe al suo epilogo e se ora quell'epilogo non
lo avessi dentro di me, non avrei potuto iniziare questo libro. Lo stesso vale
per i due che lo precedono, Città di vetro e Fantasmi.
In sostanza le tre storie sono una storia sola, ma ognuna rappresenta un mio
diverso stadio della consapevolezza di essa".
Se all'inizio della lettura - quando ancora non eravamo entrati nel gioco sottile
dei simbolismi austeriani - potevamo aver pensato che le tre storie fossero
indipendenti, addentrandoci sempre più avvinti nell'enigma di queste
pagine in cui le spie si specchiano negli spiati, proviamo l'emozione che solo
un grande libro può suscitare in noi simile a quella che ci ha procurato
leggendo in passato E. A. Poe, che con Auster ha in comune la capacità
di lasciare sempre una porta aperta sulle infinite possibilità di sciogliere
il mistero.
Grazia Giordani