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Un incontro inatteso per il consigliere Goethe di Marta Morazzoni, Longanesi
Un protagonista di nome caso
Che il tema degli incontri fortuiti abbia da sempre trovato spazio nella letteratura
mondiale, non è certo fatto nuovo. Basterebbe pensare al capolavoro di
Thornton Wilder – Il ponte di San Luis Rey – o in epoca a noi contemporanea,
alle opere di Cunningham e Auster, ma nella pagina di Marta Morazzoni che già
avevamo apprezzato ne Il caso Courrier, insignito nel 1997 del premio Campiello
e nel 2001 dell’ Indipendent Foreign Fiction Award in Gran Bretagna, la
poesia del Caso, parla con voce speciale con una scrittura particolarmente aguzza
che s’insinua, inquietante, nei nostri pensieri e ci accompagna, ostinata,
fino a che non abbiamo raggiunto la fine della narrazione.
E il nuovo romanzo, fresco di stampa, di questa brava autrice: Un incontro inatteso
per il consigliere Goethe (Longanesi, pp.210, euro14,60) ci avvalora ancor più
in questa nostra convinzione. Quello che, per comodità, abbiamo definito
romanzo, in realtà è una silloge di cinque racconti, legati dal
denominatore comune della casualità, aperti alle molteplici interpretazioni
del lettore stimolato dalla ricerca di quei legami sottili e spesso apparentemente
criptici che l’acuta penna della Morazzoni sa disseminare nella trama,
con la sua singolare scrittura, trapunta di vezzi umanistici (l’uso di
citazioni latine che, però, non ingombrano la pagina); di qualche simpatico
neologismo (“piovischiava”), di dolcezze liriche ( il ”blu
stellato”).
Nell’incipit, incontriamo subito una casa divenuta protagonista, in quanto
capace di unire e dividere un’intera famiglia nel progetto della sua costruzione.
I caratteri degli abitanti ne escono fuori a tutto tondo. La cautela del pater
familias, attento alle spese, che mira al sodo, un “mediatore di boschi”,
come lo definisce la nipotina Gemma. E noi lo incontriamo (causalità
anche la nostra?) chiuso in ben altro alloggio, ovvero “dentro una cassa,
dentro una camera ardente, dentro la casa. La sua. Una scatola cinese, povero
diavolo!” Sì, dopo suoi tanti sacrifici, aspettative e arrabbiature
a noi è dato vederlo quando lui non può più vederci. Aveva
fatto sofferti progetti, coinvolgendo il sacrificio e la collaborazione di tutti
i familiari per quella grande, forse troppo sontuosa casa. E i caratteri dei
componenti la famiglia sono delineati con mano felice. Ci sembra di vederlo
il genero cittadino, la moglie scettica e diffidente, la figlia pretenziosa
nelle scelte (che vorrebbe “marmi e stucchi”), la nipotina sensibile,
precoce che sembra esser più affezionata al padre.
Innegabilmente, nella trama, entrano anche temi trasversali come quello del
difficile rapporto madre-figlia, adombrato con levitas, ma chiaramente presente.
Nel secondo racconto, la casa, ormai pressoché cinquantenne - nonostante
qualche inevitabile segno del tempo -, esprime ancora uno charme elegante con
le sue ampie vetrate che danno su orto e giardino, i pavimenti in marmo dorato,
la scala a chiocciola a larghe volute (anche nei film gialli abbiamo spesso
notato che le scale di questo tipo alimentano quell’angoscia che l’autrice
sa distribuire nella sua pagina). E il caso – sempre lui! – vuole
che un mediatore (come il nonno, il pater familias), un immobiliarista, si invaghisca
della casa e non solo di lei. Ad attrarlo è la cinquantenne Gemma, snellissima,
sofisticata editor che si occupa di manoscritti su cui esprimere opinioni per
una casa editrice, costretta a convivere con la madre inferma e obnubilata nella
mente. Un fascino ambiguo si fa protagonista del narrare. Riuscirà l’agente
immobiliare a sedurla, acquistando la casa? Qui, sarà compito del lettore
scoprire l’epilogo, perché, nella scrittura della Morazzoni, rivelare
troppo non è buona cosa. Lo stesso dicasi per il terzo racconto quello
dello “strano incidente” con misteriosi rimandi al soliloquio di
Gemma, quando tenta di conversare con la madre che non ha mai amato. E ancora
per il quarto, quello dedicato ai due fratelli parigini che finisce per rivelarsi
una rivisitazione, all’incontrario, di moderni Caino ed Abele. Nella nostra
epoca di delitti di famiglia, attualissimo il tema.
E l’ultimo racconto, quello che dà il titolo alla silloge, è
un superbo pezzo di colta ed ironica bravura, con l’ipotizzato, fortuito
incontro tra Goethe e Lorenzo da Ponte , dialoganti con la complicità
di Mozart, risolti a riprendere il proprio cammino in direzioni opposte non
solo nella via, soprattutto nella strada della vita.
Grazia Giordani