Recensioni e servizi culturali
Urla d'amore di Patricia Highsmith, Bompiani
LO SCRICCHIOLIO DELLA REALTA'
Avete mai avvertito "lo scricchiolio della realtà", un malessere
sottile ed inquietante che vi entra nelle ossa e nei pensieri? Maestra di questa
letteraria capacità è senza dubbio Patricia Higsmith che vi incolla
ai suoi romanzi, non instillandovi addosso la classica paura degli autori di
thrller, ma un'inquietudine più raffinata molto apprezzata dai
"buongustai" del noir.
Questa volta - la nostra scrittrice di cui avevamo grandemente apprezzato Sconosciuti
in treno, Delitti bestiali, Vicolo cieco, Il sepolto vivo, Inseguimento, Idilli
d'estate, e tutto il ciclo di Mister Ripley - ci presenta Urla
d'amore, una silloge di racconti perlopiù brevi, usciti in Italia
per i tipi della Bompiani. E, pur nel breve spazio narrativo del racconto, possiamo
rilevare l'abilità della "crime novelist" nel creare un clima
dissociato, uno scricchiolio appunto della realtà che sembra essere non
solo osservata, ma anche dal lettore vissuta, quasi riflessa da specchi deformanti.
L'atmosfera allucinata che la Higsmith riesce a costruire fa venire in mente
certa pittura di Paolo Uccello dove le figure vivono una prospettiva propria,
distaccata, non in armonia con il progetto prospettico globale.
"E' una scrittrice che ha creato un proprio mondo - un mondo claustrofobico
e irrazionale nel quale ogni volta entriamo con una sensazione di pericolo personale,
con il capo mezzo girato all'indietro - sottolinea con acume critico Graham
Greene, in prefazione ai racconti -, persino con una certa riluttanza, giacché
quelli che stiamo per sperimentare sono piaceri crudeli [...]. Quello che le
serve - prosegue Greene sottolineando come la tecnica del racconto differisca
da quella del romanzo di più vasto respiro - è l'affondo veloce
piuttosto che il lento accerchiamento del lettore, ed è ammirevole il
modo in cui, con grande maestria, riesce a metterci alle strette".
La realtà, spesso narrata con minuzia e toni minimalistici, non sembra
preparare al dramma che giunge così addosso più significativo,
proprio perché improvviso e volutamente non predisposto, tale da creare
maggior impatto emotivo nell'immaginario del lettore.
Dramma del risentimento che mette radici con forza pari a sentimenti amorosi,
in Urla d'amore - che dà il titolo all'intera silloge - tra due
anziane amiche in una casa di cura, che dividono la stessa stanza ("le
due dentiere immerse ciascuna nel proprio bicchiere") e vivono due vite
parallele per routinarie abitudini: stessi amici, stesso tavolo da pranzo e
da gioco per il quotidiano gin-rummy, giocandosi però perfidi
dispetti che divengono il sale della loro esistenza.
Dramma dell'odio di un ragazzino (La Tartaruga) divenuto matricida in
quanto vessato e oppresso da una madre disumana. Nuovamente l'omicidio quale
unica via d'uscita per una giovane ex prostituta, che pure conserva un certo
candore esistenziale.
Purtroppo non restiamo lusingati dal concetto che la Higsmith ha dei ladruncoli
della costiera amalfitana (e questo difetto di lusinga ci viene dal non poterle
dare torto), nella fattispecie un nino de rua nostrano che contribuisce
ad acuire il malessere del protagonista in Un altro ponte da attraversare.
Si respira un'atmosfera da Arancia meccanica mitigata, ma non per questo
meno suggestiva ne I Barbari, storia di violenti teppisti americani che
turbano la pace domenicale di un condominio. Ma anche qui quello che conta non
è il fatto in sé, ma la sottile indagine psicologica della scrittrice.
Spesso i personaggi sono al limite della follia, gente che è stata in
analisi o che dovrebbe starci per sempre.
Leggendo L'Eroina, storia ossessiva di una governate che vorrebbe lavorare
gratis per i suoi padroni, tanto è felice di curare i due piccoli che
le sono stati affidati, esageratamente grata al destino per il suo posto di
lavoro, non possiamo non trattenere l'impulso con cui vorremmo sottrarre i bambini
dalle mani malate di quella ossessionata nurse.
Di rara finezza il racconto finale - La casina per gli uccelli -: storia
freudiana di sensi di colpa, metaforicamente impersonati da un animale misterioso
uno yuma, nome che ricercato dai due sposi protagonisti non compare nemmeno
nell'Encyclopaedia Bitannica, ma che è il chiaro traslato dei
loro rimorsi: Edith si è volontariamente gettata giù dalle scale
per perdere il figlio che non desiderava mettere al mondo e Charles, con le
sue delazioni, ha spinto un amico al suicidio.
"Nessuno al mondo - scrive la Higsmith con spietata saggezza - , nessun
adulto ha un passato onorevole, un passato in cui non si nasconda una colpa...".
Grazia Giordani